Nato a Sora nel rione di San Silvestro, dove fu battezzato, da una famiglia di contadini e crebbe in campagna in località la Selva. Divenuto adulto divenne guardiaboschi.
All’età di circa 35 anni, entrò in azione nel periodo in cui il generale Enrico Cialdini era impegnato col suo esercito a combattere e reprimere il fenomeno del brigantaggio. Chiavone poteva contare sull’appoggio e sulla protezione della popolazione locale e di buona parte del clero: lo stesso vescovo, monsignor Giuseppe Montieri, dichiarava il proprio disprezzo per i liberali e i sabaudisti, tollerando ampiamente l’azione dei briganti
Quando il re, assediato a Gaeta, si arrese fuggendo a Roma, sotto la protezione del papa, Chiavone si trasferì nella zona di Castro dove poteva rimanere in contatto con Francesco II, detronizzato, e poteva riparare nello Stato Pontificio nel caso si trovasse in difficoltà con l’esercito sabaudo. Quello fu il periodo in cui le sue azioni si fecero più intense e violente: ai primi di maggio del 1861 invase e saccheggiò il paese di Monticelli, uccidendo il sindaco e distruggendo i ritratti di Vittorio Emanuele e di Garibaldi. All’intervento dell’esercito sabaudo, la sua banda di briganti non poté evitare lo scontro, ma Chiavone riuscì a fuggire la battaglia riparando oltre confine. Come segno di riconoscenza, Francesco II gli concesse il titolo di "Comandante in capo di tutte le truppe del Re delle Due Sicilie" e il diritto di fregiarsi del sigillo dei Borbone.
Era diventato così arrogante da preannunciare ai sindaci il proprio arrivo, e lo faceva con lettere su carta intestata, piene di errori grammaticali e ortografici.
Ma, nell’inverno del 1861 si trovò in seria difficoltà per mancanza di rifornimenti di cibo e di denaro, e molti dei briganti della sua banda lo abbandonarono. Chiavone si trasferì nuovamente nei pressi di Sora dove poteva contare sull’omertà della popolazione e sul sostegno dei monaci dell’Abbazia di Trisulti che offrivano pasti caldi e coperte.
Verso la fine di giugno venne catturato e processato sommariamente da Tristany, che nel frattempo aveva messo in piedi una propria banda di briganti.
Quel tribunale improvvisato emise la condanna a morte che fu eseguita il 28 giugno del 1862.