Agiva nella zona di Mugnano alle porte di Avellino.
Era stato condannato per un omicidio a scopo di furto, aveva passato una decina di anni in carcere, ed era stato liberato nel gennaio 1859.
Era ancora sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di presentarsi ogni giorno al capo-urbano di Mugnano; ma Turri-Turri profittò dei disordini successivi all'impresa garibaldina, e si dette alla macchia con altri mugnanesi. Nello stesso anno e nella stessa zona, Cipriano La Gala era nel Nolano e Menfra nel Montefortese.
Turri-Turri, che dai Borbone non aveva avuto che processo e carcere, improvvisatosi "campione borbonico", andava in giro impugnando una bandiera borbonica.
Riuscì a formare una banda di circa trecento briganti.
In un giorno dell'agosto 1862 fermò una carrozza proveniente da Avellino, e chiese ai quattro viaggiatori atterriti: viva chi? Uno di essi rispose "viva Vittorio Emanuele". Turri-Turri spianò la carabina e lo fulminò. Gli altri tre, vista la fine del loro compagno di viaggio, si affrettarono a rispondere "viva Francesco". Le milizie mandamentali di Baiano ed una compagnia di bersaglieri si misero alla caccia dei briganti su per le montagne mugnanesi. Il generale Pinelli che comandava la divisione di Nola ed era rigido esecutore degli ordini di Cialdini, quando perlustrava la via delle Puglie, se incontrava una persona che non sapesse li per lì dar ragione della sua presenza, non esitava a comandare ai suoi soldati: "Fusilè, fusilè".
La popolazione era tra i briganti e la legge marziale. Un brigante della banda di Turri-Turri, incontrata una ragazza mugnanese che era stata fidanzata e lo aveva lasciato, non esitò a puntare contro di lei il suo schioppo e la stese a terra.
Turri-Turri aveva un macabro capriccio, bruciare i baffi o la barba delle persone, perché barba e pizzo potevano significare simpatia per Vittorio Emanuele.
Altra sua impresa:
s'imbatté nella banda musicale di Avella; i bandisti avevano un'uniforme con berretto rosso; il rosso garibaldino faceva infuriare Turri-Turri, che sequestrò berretti e strumenti.
Poi la schiera si assottigliò ma il capo rapì Filomena Di Pietro, una bella massarotta mugnanese, la portò in montagna e la possedette, sotto gli occhi dei suoi fratelli, Raffaele e Filomeno della Mammana. La donna ed i suoi fratelli per vendicare l'oltraggio uccisero Turri-Turri; gli segarono la testa mentre dormiva.
Era la fine di dicembre 1862. I superstiti furono catturati e passati per le armi un mese dopo, il 31gennaio 1863.