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Nel 1852 disertò e costituì con Ninco Nanco e Vincenzo Mastronardi una banda armata, che si insediò nei boschi di Monticchio e visse di rapine e furti fino all'arresto, avvenuto il 13 ottobre 1855. Fu condannato a 19 anni di carcere da scontare nel bagno penale di Brindisi, da cui evase nella notte tra il 13 e 14 dicembre 1859 tornando nei boschi di Monticchio.
Si unì quindi ai moti liberali di Rionero il 17 agosto 1860 sperando di ricevere la grazia. Tuttavia Decio Lordi, vicegovernatore, lo fece condannare per il sequestro di Michele Anastasia, avvenuto prima dei moti risorgimentali agostani. Con l'aiuto di alcuni amici, Crocco tentò la fuga verso Corfù ma venne sorpreso a Cerignola e nuovamente incarcerato. Evase nella notte tra il 3 e il 4 febbraio 1861 con l'aiuto del movimento legittimista rionerese, movimento a cui subitò aderì, con l'incarico di reclutare soldati rimasti fedeli ai Borbone.
Riuscì a riunire 400 o 550 briganti autonominandosi “generale del Re”. Il 7 aprile occupò il castello di Lagopesole e il giorno successivo Ripacandida, deve sconfisse la guarnigione locale della Guardia Nazionale. Crocco dichiarò subito decaduta l'autorità sabauda e ordinò che fossero esposti nuovamente gli stemmi e i fregi di Ferdinando II. Il 10 aprile i briganti entrarono a Venosa e la saccheggiarono, uccidendo tutti quelli che si opponevano alla loro autorità (tra cui il medico Francesco Nitti, nonno di Francesco Saverio Nitti). Anche qui fu istituita una giunta provvisoria.
Fu poi la volta di Lavello ed infine di Melfi (15 aprile), dove era in corso una rivolta antisabauda e dove Crocco fu accolto trionfalmente. Quegli episodi impressionarono notevolmente il governo italiano che decise di inviare nuove truppe sotto il comando del generale Della Chiesa. Dopo numerosi scontri cadde anche la città natale del brigante. Insorgono anche molti paesi del materano e del lagonegrese.
Solo due giorni dopo però l'esercito di Crocco fu costretto a ritirarsi verso l'Ofanto a causa dei massicci rinforzi alla Guardia Nazionale inviati dal governo regio. Nei giorno successivi tutti i paesi insorti e occupati furono riconquistati, ristabilendo l'autorità sabauda. Crocco e la sua banda vissero nei boschi sperando in un provvedimento di clemenza. Dopo la disfatta, avvenuta sull'Ofanto il 25 luglio, fuggì nello Stato Pontificio, che aveva sostenuto la causa legittimista. Fu invece invece catturato a Veroli e incarcerato a Roma. Dopo la presa di Roma fu rilasciato alle autorità italiane e a Potenza fu condannato a morte l'11 settembre 1872. La pena fu commutata nei lavori forzati a vita, da svolgersi nel carcere di Portoferraio, dove morì il 18 giugno 1905.